Sul collettore se ne sono dette davvero tante ma a quest’opera, con i suoi limiti, va il merito di aver messo un freno al riversamento degli scarichi fognari nel nostro bel lago.

Ma andiamo per gradi. Come dicevamo nei capitoli precedenti, prima degli anni ’60 al lago arrivavano attraverso gli scoli e le rogge le sostanze nutritive dal materiale organico che la natura produceva nei prati e nei boschi del bacino imbrifero tutto. Insieme a questi senza dubbio c’erano gli scarichi umani che filtrati dai processi biologici dei numerosissimi pozzi perdenti fluivano lentamente, per così dire, diluiti nel tempo.

Con il completamento delle reti fognarie e l’immissione diretta degli scarichi nel lago l’apporto di sostanze nutritive prese come ben sappiamo ad accelerare. Aumentarono le quantità per via dell’incremento demografico; aumentarono in percentuale le dosi di fosforo e azoto a causa del maggiore utilizzo dei detersivi ma soprattutto cambiarono le modalità di ingresso nel lago: non più attraverso i filtri che le radici delle piante naturalmente frapponevano assorbendo i nutrimenti (come dicevamo dalle rogge e dagli scoli, superficiali o sotterranei) ma in maniera diretta e massiccia nel lago. La Cooperativa dei Pescatori direttamente coinvolta (stravolta) da questo cambiamento intentò una causa coinvolgendo le amministrazioni pubbliche e le aziende dei comuni rivieraschi: si trattava della prima causa di natura ambientale in Italia. La ragione fu data ai Pescatori ma la sentenza, come purtroppo spesso accade, arrivò in qualche modo tardi per le vite delle famiglie che dalla pesca dipendevano e per il lago stesso: noi tutti forse, presi dalla fregola dell’industrializzazione e del benessere sopraggiunto avevamo in qualche modo perso il senso del rispetto per l’ambiente. In parallelo però un risultato lo si era comunque ottenuto: le amministrazioni pubbliche unirono gli sforzi in un consorzio che si occupò della realizzazione del collettamento degli scarichi fognari in un anello che abbracciava il lago per intero.I lavori proseguirono per diversi anni e alla fine degli anni ‘80 l’opera fu completata: un anello di 28 km circa attorno al lago da allora raccoglie e trasporta gli scarichi dei comuni rivieraschi in una serie di vasche di depurazione a Bardello a fianco dell’emissario del lago.

L’importante costruzione aveva però dei limiti che risultarono via via sempre più evidenti man mano l’opera si completava e l’urbanizzazione del territorio proseguiva. Come a volte accade infatti con il tempo le nostre soluzioni non rispondono più (totalmente o in parte) alle mutate esigenze degli utilizzatori. Ne sono un esempio le esigenze di spazio di una famiglia nel corso della vita: quando i figli sono piccoli, durante il loro periodo di crescita e poi più in la quando prendono la loro via nel mondo. Così il collettore progettato per “portare” gli scarichi di un bacino di utenti che era quello degli anni settanta si ritrovò caricato, man mano che i comuni completavano le reti fognarie e si allacciavano (in buona parte) al collettore stesso, di un quantitativo vicino al suo limite massimo. E a questo poi, come se non bastasse, per una svista penso dettata dall’idea di ottimizzare l’impianto depurativo di Bardello si aggiunse per innesto diretto il carico del collettore del lago di Comabbio.

Chi progettò il collettore aveva poi ben chiaro il principio fisico di incomprimibilità dell’acqua (motivo per cui in un motore è auspicabile non aspirare mai dell’acqua insieme alla benzina o all’aria) e a protezione del condotto stesso,  delle reti fognarie tutte ed infine delle nostre case, collocò sapientemente degli sfioratori (scolmatori) nei punti più strategici. Il loro compito era ed è quello di alleggerire il condotto, riversando nel lago l’eccesso di liquami, nei momenti in cui, troppo pieno, la pressione rischierebbe di farlo cedere in maniera disastrosa o peggio di respingerne a monte il contenuto. E’ strutturale ed inevitabile e ben vengano gli ingegneri: in casi eccezionali devono prevalere altre priorità, e sotto eventi atmosferici straordinari è di primaria importanza salvaguardare le nostre case e le reti fognarie.

Eccoci dunque alla fine ed ai giorni nostri. Il provvidenziale lavoro del collettore e del depuratore di Bardello ha consentito in questi 30 anni di ridurre in maniera progressiva l’apporto di liquami (leggasi fosforo ed azoto, vi ricordate del carico eutrofico della puntata precedente?) nel lago. Al collettore e quindi all’azione legale dei Pescatori ed alla loro battaglia dobbiamo dare il merito di aver messo un freno alla nostra “stupidità”, di aver limitato i danni e nel tempo di aver consentito un lento ma costante miglioramento della situazione.

Ma come, direte voi, non sono sotto gli occhi di tutti le fioriture algali di questi ultimi due o tre anni ? Certo molto lavoro c’è ancora da fare per migliorare l’azione di collettamento e non solo: una percentuale delle fognature dei paesi coinvolti ancora non passa attraverso il collettore; i lavori di separazione delle acque chiare da quelle scure proseguono ma con i limiti dei bilanci comunali (che una rotonda o un dosso avesse priorità sulla salute del lago ne avevamo avuto il sospetto); molti sono ancora purtroppo gli scarichi diretti nel lago, sia abusivi che non.

Ma fateci caso, e provate ad associare in questi strani anni di “variazione” climatica i quantitativi di pioggia ed i periodi ininterrotti di brutto tempo con l’esplosione della vita (e poi di morte, secondo il loro veloce ciclo) delle alghe nel lago.Il collettore, dicevamo, non regge al carico della pioggia e regala al lago tonnellate di liquami a base della catena alimentare della vita dei microrganismi.

Non ci credete ? Negli anni di relativa scarsa piovosità dal 2006 al 2008 gli sfioratori smisero quasi del tutto di riversare il carico in eccesso e il lago (nonostante gli scarichi diretti ed il livello molto basso: mediamente 1 metro sotto lo zero idrometrico, cioè 15 milioni di m3 di acqua in meno) reagì quasi istantaneamente riducendo in maniera significativa la produzione algale e aumentando di conseguenza la trasparenza delle acque e l’ossigenazione in profondità nei mesi estivi.

Si vedano, a rinfrescar la memoria, gli articoli di quegli anni, apparsi anche su VareseNews, sulle mutate condizioni del lago e i dati di piovosità registrati dal Centro Geofisico Prealpino.

E il carico interno?  Cioè le tonnellate di materiale organico che lentamente si deposita, anno dopo anno sul fondo, per il quale si erano ventilate straordinarie e miracolose soluzioni ? Beh questo è l’argomento della prossima settimana.