Avrete notato tutti come negli inverni freddi (quest’anno è stato mite, ma di questo ne parleremo poi) le acque del nostro bel lago paiono tornare limpide e trasparenti sia osservandole da riva, sia, per i più fortunati, dalla barca. E con quanto dispiacere poi, a partire dalla primavera tutto il nostro sperare di esser tornati ai bei tempi scompare inesorabilmente con le prime importanti fioriture delle alghe microscopiche, che però per quanto piccole tutte insieme si vedono molto bene.

La causa è l’eutrofia. Termine che ha assunto nel parlare comune connotazioni negative (di per sé significa infatti buona condizione di nutrimento) quando riferito ad un lago, ma non solo.I più attenti, e ahimè meno giovani, si ricorderanno infatti delle mucillagini del mare Adriatico a partire dagli anni ’80.Il fenomeno è dunque lo stesso che avviene qui da noi da ormai quarant’anni. I colpevoli (serve qualcuno su cui scaricare le nostre rabbie no?), sono principalmente il fosforo e l’azoto.

Ma andiamo per gradi. Se dobbiamo dare un inizio alla storia occorre provare ad immaginarci com’era la vita nei paesi rivieraschi fino alla fine degli anni ’60. Perlopiù i nostri genitori e nonni avevano vite di stampo contadino e anche se qualcuno già lavorava nel proliferare delle industrie della zona (tessiture, concerie, impianti produttivi di elettrodomestici, aeroplani ecc.) il legame con la terra era tale da far conservare dei ritmi completamente diversi da quelli di oggi. Quasi ogni famiglia infatti, nei paesi attorno al lago, contribuiva, almeno in parte, al proprio ménage, con la coltivazione di qualche campetto, con la legna del bosco e con qualche bestia da latte o uova. Non esistevano le reti fognarie e ogni nucleo abitativo era dotato di pozzi perdenti. Il bucato, come del resto la pulizia della casa o personale, non era così frequente e l’utilizzo di detersivi era ridotto ai minimi termini: valeva forse più di tutto la bollitura dell’acqua a disinfettare ogni cosa, e spesso le donne si trovavano nei fontanili o direttamente sui sassi al lago a risciacquare i panni. Il sottobosco era pulito, lo strame raccolto e parte del canneto utilizzato in edilizia come supporto alle solette delle case.  Al canneto poi provvedevano gli incendi invernali a ridare linfa ed energia. La torba nella palude era utilizzata come combustibile (quand’anche ogni legnetto dei boschi era già stato prelevato) o come concime. La vita scorreva dunque, sicuramente più faticosa (?), dettata dai ritmi dei cicli della stagione.

Bene, e oggi? Beh se solo proviamo a soffermarci un attimo su alcuni dei mutamenti più evidenti occorsi negli ultimi cinquant’anni possiamo facilmente elencare: l’aumento dell’urbanizzazione; la necessità di raccogliere gli scarichi umani prima in reti fognarie separate (e ovviamente dirette tutte per la legge di gravità nel punto più basso: il lago) e poi, ahimè solo parzialmente, nel collettore; le necessità di eliminare un sempre maggior quantitativo di scarti delle lavorazioni industriali; il cambiamento dello stile di vita domestico (maggior necessità di pulizia, detersivi, elettrodomestici ecc.) e il conseguente abbandono dei boschi e delle rive …Il lago di Varese è sempre stato fra i più pescosi di Italia. Questa sua caratteristica la doveva, in parte alla sua morfologia ed in parte al suo carico eutrofico (cioè di nutrimento) naturale. Il bacino imbrifero (superficie che riversa per naturale caduta le sue acque all’interno del lago) infatti, di circa 112 Km2 da sempre convoglia nel lago tutte le sostanze nutritive presenti sul terreno dei boschi e campi li attorno. Il relativamente basso fondale poi, unito alle capacità di rimescolamento (si veda il capitolo precedente) e di ricambio attraverso il bardello (ne parleremo più avanti) consente una egregia diffusione e utilizzo delle sostanze ivi presenti a base della vita.

Così la catena alimentare aveva trovato il suo equilibrio più che millenario fra l’apporto naturale di fosfati e azotati a partire dal materiale organico in decomposizione e le specie vegetali e animali presenti.Il lago seguiva le leggi di ossigenazione e stratificazione proprio come oggi però ad un livello differente ma assolutamente costante negli anni. Lo sanno bene i pescatori della cooperativa che per oltre un cinquantennio a partire dagli anni ‘20 prelevarono un quantitativo di pesci così stabile negli anni da far loro credere di esser immutabile.

Il carico di fosforo e azoto (dai detersivi in primis) prese invece a scorrere a fiumi e ad altissime concentrazioni a partire dagli anni ’60 e regalò una serie di cambiamenti così rapidi da non riuscirne a cogliere, se non con qualche anno di ritardo, la portata. Arrivava infatti in una forma per così dire disciolta, subito disponibile ai primi stadi della vita: i batteri e le alghe unicellulari che iniziarono immediatamente a proliferare in maniera incontrollata. In pochissimo tempo tutto il lago prese a coprirsi di una patina oleosa e a colorarsi delle fioriture algali. La lotta per la vita, alla base delle dinamiche di colonizzazione anche fra i microrganismi, regalava la vittoria ora alle cianoficee, ora alle alghe verdi dando al lago a seconda delle stagioni il loro proprio colore di battaglia.

Ciò che a quei tempi venne frainteso furono le conseguenze sull’ecosistema nel suo complesso. Non si trattava infatti solo di una reazione esagerata della natura ad una nostra violazione delle regole. La natura non ragiona in questo modo. E non si trattava di certo di un sintomo di una malattia, come per decenni si usò dire nei consessi di esperti e sui media. Avevamo rotto un equilibrio e la natura reagiva cercandone semplicemente un altro e coinvolgendo ogni aspetto della vita del lago.

La coperta che le fioriture algali stendevano (e stendono) ogni anno sul lago ha infatti un effetto devastante: ferma i raggi del sole e fa salire la temperatura degli strati superficiali del lago.

Siete in grado di tirare le conclusioni? Con la temperatura l’acqua dicevamo riesce a trattenere meno ossigeno disciolto fra le sue catene di molecole, gli strati superficiali più caldi bloccano poi quasi del tutto il rimescolamento con gli strati sottostanti e progressivamente l’epilimnio (lo strato ossigenato superiore) si riduce di spessore. Certo, direte, la fotosintesi regala un’esplosione di ossigeno, ma lo fa purtroppo solo nei pochi centimetri superficiali, in un’acqua non in grado di trattenerlo per via del calore e andando poi a bruciarne dell’altro, poco tempo dopo al termine del ciclo vitale dell’alga, nel processo di decomposizione.

E la fauna, i pesci? Beh questo è un altro tassello della nostra storia. Per ora basta ricordare le importanti morie per soffocamento (assenza di ossigeno) di quegli anni date dall’altezza raggiunta dal termoclino: cinquanta centimetri dalla superficie. Sotto per l’intera estensione del lago i processi tossici di natura anaerobica.

Livelli diversi di eutrofia.